Spesso sento – tra tv web e chiacchierate – parlare di speranza. Parola bella, intensa, ché la pronunci e lei è già balzata in avanti verso il futuro.
La speranza è per me qualcosa di profondo e al tempo stesso ambiguo. Per sperare devi credere, e ciascuno di noi crede in cose diverse: la fede, la scienza, la famiglia, l’amore, il proprio gatto o cane. Taluni poi mettono sul piatto la frase più ambiziosa: credo in me stesso.
Dare speranza per me è difficile perché spesso sono io stessa a perderla. Sono io che smarrisco per strada quella luce in fondo al tunnel.
Ecco, certe volte più che luce pare proprio un lumino fioco al fondo di una miniera: lo segui e potresti uscire vivo ma potresti anche rimanere incastrato nella galleria per sempre.
Però una cosa l’ho imparata.
Proprio come l’atto di mangiare, la speranza vien sperando. Lo so, detta così sembra quella battuta, ce l’avete presente “chi vive sperando muore cag…”. Ma è vero.
Qualche anno fa ho sofferto di crisi di panico. Tutto difficile, anzi tutto impossibile. Buio e freddo.
In quei momenti ho imparato il primo ingrediente della speranza: non ce la farai da solo. Qualcuno questa speranza deve appoggiarla insieme a te, deve coltivarla insieme a te perché cresca sempre di più. Devi farla diventare un baobab gigante e imperioso, ma proprio come un contadino – o come la natura stessa – non potrai farcela da solo.
Lì ho cominciato a sperare, ad applicarmi come fosse un esercizio quotidiano di salute.
Tutto è tornato pian piano alla normalità ma devo ancora allenarmi. Come i grandi atleti, quando scopri uno sport benché tu arrivi a padroneggiarlo in modo eccellente sai di non dover mai smettere di lavorare, sai che se ti consideri arrivato, se non vuoi più imparare niente, allora sì che è la fine.
Mettere in un angolino le voci mortifere che mi dicevano, anche sul lavoro, “non sei abbastanza” “stai esagerando” “è tutta fuffa”. Zittire le voci che ci buttano giù ed esaltare quelle che invece dimostrano di farci bene. Chiamatela follia o forse incoscienza, scegliete a piacere e mi raccomando abbondate con le quantità. Mescolare, attendere che il composto si amalgami. Ecco, questa è la mia ricetta per la speranza quotidiana. Non so se sarà capace di motivare e non sono certa che funzioni su tutti come una panacea miracolosa. Ma sono certa che, se la provate, male non potrà farvi.
Buon martedì di Novembre a tutti!