Femminismo a Torino – La Casa delle Donne: una storia di sindacato, di denti e di voci.

casa delle donne torino
Manifesto realizzato da Laura Fiori

Mi sono ritrovata spesso a riflettere su cosa è casa, e questa intervista me ne ha fatto ricordare il significato più profondo: accoglienza, educazione, strumenti, dialogo.

La Casa delle Donne di Torino risponde ancora oggi a domande che le donne in difficoltà si pongono, spesso senza trovare risposta nelle istituzioni.

Mi sento in pericolo nella mia relazione, quali strumenti ho per liberarmi?

Vedo intorno a me ingiustizie verso le donne della mia famiglia, come posso aiutarle?

Voglio interrompere una gravidanza ma non so come farlo in sicurezza, quali sono i miei diritti?

Mara: Come nasce questo spazio, che ricordiamolo è in Via Vanchiglia 3 a Torino?

Patrizia Celotto: Il 24 Marzo 1979 cominciammo l’occupazione del manicomio di Via Giulio, durò 1 anno. Da allora l’ amministrazione comunale ci concesse questo spazio, in via Vanchiglia, grande e accogliente per tutte le attività in programma, nel quale nel 2016 siamo fortunatamente ritornate con la Federazione Laadan, dopo una parentesi di trent’anni nei quali la Casa delle Donne “abitò”, nello stesso palazzo, in spazi molto più piccoli. Nel 2020 è nata anche da qui la rete +di194voci.

Purtroppo non è sempre stato così facile. La Casa delle Donne è un luogo di storie che partono dal passato, dai gloriosi anni ’70 delle conquiste femministe in Italia. Un femminismo che a Torino è stato da un lato radicale, con i gruppi autonomi dell’autocoscienza, dall’altro – ovviamente vista la storia del territorio – sindacale e politico.

È una storia di sindacati, di dibattiti e sì, anche di politica. Una storia che andrebbe insegnata in tutti i licei e istituti tecnici. Una storia che, ad esempio, parte da un bel po’ di denti sanissimi e da un grande barattolo portato ad una riunione sindacale.

Carla Quaglino: Avevamo ottenuto da 15 giorni la Legge di Parità, parliamo del 1977. Abbiamo aspettato il primo giorno dopo la pubblicazione delle Legge, alle 7 del mattino in migliaia abbiamo riempito il cortile dell’Ufficio di Collocamento e abbiamo comunicato al Direttore che avremmo occupato l’edificio fino a quando non fossero state unificate le liste di disoccupazione, allora divise fra uomini e donne. Questo espediente forniva alle aziende un ottimo modo per discriminare le lavoratrici, perché era prassi chiedere avviamenti di soli uomini. L’Ufficio di Collocamento accettò di unificare le liste e le donne occuparono tutta la testa dell’ormai unica lista. Quel giorno stesso, si presentò subito l’occasione per sperimentare la novità: la FIAT aveva richiesto i nominativi di 300 persone. La lista unica era diventata tutta femminile, quindi agli uffici FIAT in Via Chiabrera si presentarono 300 lavoratrici, pronte per la consueta visita medica alla quale erano sottoposti tutti/e. Ci accorgemmo che qualcosa però non andava, queste lavoratrici venivano sistematicamente scartate per inabilità: l’azienda stava usando il pretesto di fantomatici denti guasti che avrebbero pregiudicato la produttività di queste donne. Immediatamente distribuimmo un volantino: “Le donne non sono cavalli”.

E quando si parla di aborto e Legge 194 la situazione diventa ancor più drammatica.

Carla Quaglino: I sindacati (Cgil e Uil) facevano assemblee nei luoghi di lavoro sul referendum per abrogare la Legge 194. C’erano rappresentanti della Casa delle Donne, dell’Intercategoriale Donne CGIL CISL e UIL, e rappresentanti del PC, del PSI e del Partito Radicale. Il “contraddittorio”, avveniva con i democristiani e il neonato Movimento per la vita. I conservatori e le conservatrici si presentavano con grossi barattoli di vetro contenenti feti in formalina, simili a quelli che si possono vedere al Museo Lombroso per capirci. Facevo tutta la riunione con questo spettacolo raccapricciante appoggiato al tavolo a fianco a me.

Mara: Restiamo sul tema aborto. La mia generazione di femministe chiede un ripensamento totale della Legge 194, di fatto ostaggio dell’obiezione di coscienza. Qual è la vostra opinione in merito?

Patrizia Celotto: Al tempo dell’approvazione della 194, si pensò che noi femministe avremmo mantenuto il controllo sui consultori con la nostra presenza, come nei consultori autogestiti: invece ha dilagato l’obiezione di coscienza e il movimento degli anti-abortisti è entrato nei consultori, favorito da provvedimenti come l’attuale Fondo Vita Nascente. Purtroppo, dal 1978 a oggi non si è mai potuta migliorare questa Legge, perché fin dalla sua emanazione è stato messo in discussione il principio fondamentale su cui si basa, il diritto di autodeterminazione di noi donne, diritto che abbiamo sempre dovuto difendere. Allora, con la Legge 194, abbiamo dovuto trovare un compromesso che salvasse vite di donne come noi, perché l’IVG fosse sicura e gratuita: in quegli anni si abortiva a migliaia in clandestinità, rischiando tutto su tavoli da cucina. Chi poteva permetterselo andava in Svizzera o in Inghilterra.

Carla Quaglino: La DC aveva al suo interno donne che erano disponibili a contrattare e con le quali era indispensabile trovare un compromesso: mi riferisco a Tina Anselmi e ad altre. Col senno di poi ci viene da dire che sarebbe stato opportuno fissare un termine all’esercizio dell’obiezione di coscienza. Oggi, per esempio, vincolerei con chiarezza l’obbligo di fornire IVG a chiunque si iscriva a ginecologia.

Mara: Veniamo alla situazione IVG in Piemonte, con la decisione di Marrone di destinare una valanga di soldi alle associazioni anti-abortiste attraverso Vita Nascente. Cosa farà la Casa delle Donne?

Carla Quaglino: Insieme alla Rete +di194voci chiederemo l’accesso agli atti per capire chi ha richiesto i finanziamenti del fondo. Poi faremo un monitoraggio di come saranno spesi i fondi stanziati. Non escludiamo l’intervento legale delle nostre avvocate.

A proposito delle compagne femministe torinesi Celotto scherza affettuosamente eravamo delle scappate di casa. E forse il senso sta proprio tutto qui: scappare da una casa nella quale le donne ci stanno con sofferenza, per costruirne una nuova. Una Casa delle Donne.

Per approfondire:

Il Sindacato di Eva

La spina all’occhiello

Atti del Convegno “Produrre e Riprodurre”

Archivio delle Donne in Piemonte

Review: sono diventata una Donna di Torino

Saranno le ferie, sarà il Sole – quello decente – fatto sta che sono felice di mostrare un pochino di più la vera me sui social. E mi piace farlo con una fotografa che, oltre ad avermi resa molto più professional di quanto io sia in realtà, è stata una bella scoperta come donna e come torinese.

Barbara Oggero è una donna di Torino, una fotografa dal 2010 e una persona interessante probabilmente da sempre. Come tutte le persone che hanno qualcosa da dire ha scelto il suo linguaggio fatto di scatti, l’ha mescolato alla sua identità sabauda (per scelta) ed ecco nascere Donne di Torino.

Con Torino ho un rapporto di amore e odio: negli anni ’80 ero ragazzina e non succedeva un tubo, poi dai ’90 c’è stata un’escalation in positivo. Me ne sono andata, sono tornata, sono rimasta. Oggi viaggio spesso ma sono sempre felice di tornare a casa.

Più di uno Humans of Torino e più di una semplice vetrina, Donne di Torino mette in luce le donne del territorio con le loro storie, la loro vita, e – perché no – anche le loro imprese attraverso il nuovo progetto paid. L’idea nasce da Rete al Femminile e si evolve in poco tempo fino a diventare un piccolo angolo di celebrazione di sé stesse e dei risultati raggiunti, qualsiasi essi siano. Un cerchio femminile, plurale e virtuale.

Ecco lo scatto di Barbara alla sottoscritta. L’hashtag è #donneditorino. No, non ero truccata. Sì, ero molto stanca. Ma chi se ne importa.

Foodblogger a Torino: twintervista a @Cucineconvista

Un’ora, due blogger, molto cibo e qualche consiglio su dove mangiare o fare la spesa 🙂

@SocialTorino Cominciamo la #twintervista! Benvenuta @Cucineconvista, foodblogger torinese. Chi sei e cosa fai di bello nella vita off-blog?

@Cucineconvista Buongiorno! Mi occupo di marketing e per passione fotografo e giro mercati. Ho 3 splendidi gatti.

@SocialTorino Tra poco una bella domanda tosta come il torrone. Nel frattempo quali mercati di Torino consiglieresti?

@Cucineconvista Il classico coperto di Porta Pila e poi quello in Piazza Benefica nel quartiere più torinese di tutti: il Cit Turin.

@SocialTorino La domandona tosta: entriamo subito nel food! Qual è la ricetta torinese che più ti rappresenta?

@Cucineconvista Senza dubbio il bonet: sembra un budino ma c’è tanto di più e lo scopri solo ( o già) alla prima cucchiaiata.

@SocialTorino Asciugata l’acquolina 😉 Come nasce la voglia di aprire un foodblog?

@Cucineconvista Nasce inizialmente come blog di recensioni:  ero entusiasta del fermento che pervadeva la ristorazione torinese.

@SocialTorino Condivido! Di recente ci ho scritto proprio qui. Qual è il tuo posto da consigliare a chi legge?

@Cucineconvista Il mio posto è Kidoism: fusion che mixa cucina piemontese e giapponese, con un tocco iberico. Manca solo la stella Michelin!

@SocialTorino Lo proverò, grazie della dritta. A proposito di food e blog, quali sono invece le tue ricette top, i “cavalli di battaglia”?

@Cucineconvista Secondo i miei lettori sono i capunet, la mia ricetta più letta!

@SocialTorino Ultime battute di questa #twintervista: cosa bolle in pentola per i prossimi post sul tuo blog? 😉

@Cucineconvista Mi sto dedicando al fusion: non sono tra Italia e cucine estere ma anche tra Nord e Sud. E poi, spero, viaggi.

@SocialTorino Time is running out! Grazie a @Cucineconvista e buona fortuna per i tuoi prossimi viaggi.