Ciao Betty, io brindo.

Negli anni ’70 Betty Friedan ci disse senza mezzi termini Studiate idiote, e lavorate! Altrimenti sarete casalinghe disperate.

Oggi la nostra risposta è Tieni Betty, guarda quanto fa schifo la mia ultima busta paga e bacia il culo alla mia Roomba nuova.

Io accendo il vibratore, Betty: ne fanno di fantastici nel 2024 sai?

E poi brindo al 50enne che parla (se va bene) in italiano e che (se va bene) 30 anni fa ha superato un corso della durata di qualche mese. Oggi lavora in una grande multinazionale e guadagna quasi quanto i suoi colleghi laureati in ingegneria, che padroneggiano benissimo almeno una lingua straniera.

Sì, io brindo al 70enne in pensione dorata, ottenuta grazie ad un diploma preso col minimo impegno e magari una bella bocciatura in mezzo. Sul suo cv alla voce “lingue straniere” c’è disegnato un dito medio. Uso della tecnologia di base: mai pervenuto. Oggi inveisce contro chiunque gli faccia notare che trovare lavoro negli anni del boom economico forse è stato un privilegio raro, irripetibile anche se noi oggi ci impiccassimo con corde d’oro, come diceva quella canzone.

Brindo al 60enne dipendente pubblico, che fa la vittima sacrificale dello sporco Stato Ladro Di Tasse. Oggi, dopo la seconda pausa sigaretta e il terzo caffè al bar, su Facebook blaterava di giovani bamboccioni sfaticati e dava la colpa di ogni cosa agli immigrati.

Ah e Betty, una cosa: questi drink li paghi tutti tu.

Cordiali saluti.

La Femminista Fallita

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Te la immagini una prefetta?

Quando leggo di scontri tra manifestanti e forze dell’ordine durante le manifestazioni di dissenso (qui c’è tutto ciò che ho da dire in merito) oppure delle risibili condanne applicate nei confronti di stupratori e autori di femminicidi, da femminista mi sorge sempre un pensiero che va oltre al normale schifo.

Da un po’ di tempo a questa parte mi chiedo: e se ci fossero state donne a decidere?

Mi spiego meglio. Cosa accadrebbe alla giustizia italiana e alle forze dell’ordine se i posti di lavoro che le costituiscono fossero occupati da tante, tantissime donne?
Mi chiedo (non ho risposta) se una squadra di sole donne avrebbe manganellato con la stessa brutalità.
E a salire: riusciamo ad immaginare prefette donne? Tante magistrate? Tante commissarie? Tante… pubbliche ministere? Non so neanche se sia una definizione corretta, non l’ho mai letta né sentita pronunciare e forse proprio qui sta il punto.

Vi immaginate i casi di violenza sui minori o stupro gestiti da interi ranghi composti da donne? Le condanne sarebbero più incisive, diverse?

È una questione di numeri?

Non ho una risposta.

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18 Febbraio 2024: un aggiornamento da queste parti.

Nel 2021 sono rimasta disoccupata e con la pandemia la stessa sorte è capitata a molte altre donne.

Al netto del privilegio che vivo (non mi sono ritrovata senza un tetto sulla testa con mia figlia, ho una relazione sana con un uomo che mi rispetta, ho una situazione economica non milionaria ma stabile) perdere il lavoro non per propria scelta è un grande shock per chi non ha mai impostato i propri obiettivi di vita sull’essere “solo” madre e moglie.

Mi esprimo con le dovute virgolette perché non c’è giudizio nei confronti di una scelta diversa dalla mia, o nulla di sbagliato. Solo che se sei una femminista sin dai tempi del liceo, hai preso una laurea e un master e hai sempre apprezzato il tuo lavoro, allora la disoccupazione somiglia molto ad un limbo di identità.

Sono ancora una femminista se non lavoro più? Voglio tornare a lavorare come prima? E se no, che esempio sto dando alla figlia che mi guarda ogni giorno? E poi: chi sono io adesso, senza più il mio lavoro? Sono una disoccupata in cerca di impiego? O una casalinga modello serie tv? Tra tutte queste domande, negli interstizi tra pressioni sociali, crisi economica e femminismo pragmatico, c’ero io.

Così mi sono rimessa a studiare. Storia del femminismo, sin dall’ Unità, in Italia e nello specifico a Torino e in Piemonte. Parlo di figure di spicco come Noce, Malan, Noya e Mariani ma anche storie di semplicità quotidiana che difficilmente hanno raggiunto libri e giornali. Ho studiato la storia dei consultori autogestiti, della Casa delle Donne, dell’Intercategoriale sindacale. Mi sono rimessa a leggere testi cardine del movimento in tutto il Mondo: De Beauvoir, Wolf, Friedan, Solnit, fino a Penny, Eltahawy, Moran.

Adesso so che voglio fare questa cosa qua. Studiare le storie e farle conoscere a chi avrà voglia di seguirmi. E so che là fuori ci sono altre donne come me, che forse hanno voglia di parlarne e scoprire.

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Leggere “Il femminismo è per tutti” di bell hooks è stato fondamentale per la mia formazione di attivista, madre e professionista.

In questo libro, i percorsi di autocoscienza – peraltro già noti in Italia sin dai tempi dei Mitici Anni ’70 ad opera di figure cardine come Carla Lonzi – sono la base di un percorso di ripensamento della propria situazione famigliare e lavorativa in un’ottica di parità di genere. Si parte sempre da sé stesse per scardinare gli elementi di sessismo che abbiamo interiorizzato fin da quando eravamo piccole. Non ne abbiamo alcuna colpa. Oggi quei tratti li portiamo avanti senza nemmeno realizzarlo, e potremmo trasmetterli senza volerlo all’educazione di bambine e bambini.

Condivido con voi gli appunti su me stessa: sentitevi libere/i di condividere i vostri.

QUI PUOI SCARICARE LA MIA CHECKLIST, GIÀ PRONTA DA STAMPARE E ARRICCHIRE.

Usa il tuo cognome. Anche se sei sposata, usa il tuo cognome. E dallo alle tue figlie/i: si può fare.

Prendi spazio in casa. Non stare tanto tempo in cucina. Non sistemare la seconda televisione sfigata in cucina mentre quella faiga sta in salotto, e la guarda solo tuo marito per il calcio. Troppe volte, anche nelle nuove generazioni, si nota come a fine pasto le donne si alzino per sparecchiare mentre gli uomini si godono l’amaro. Bevi il dannato limoncello da seduta. O – meglio – bevilo mentre fai sparecchiare il tuo compagno/marito.

Se puoi, creati uno spazio tutto per te con una serratura per chiuderlo. Se non puoi, rivendica gli spazi della casa: il divano, il salotto. Il telecomando. Prendi il dannato telecomando e decidi tu cosa guardare la sera con la tua famiglia.

A parità di mansione, investi in una donna. Scegli dottoresse, avvocatesse, negozi gestiti da donne. E nel caso delle ginecologhe, controlla che non siano obiettrici: puoi farlo sulla mappa di Obiezione Respinta.

Alle feste di Natale o di compleanno, regala alternative femminili: libri, soprattutto.

Non commentare mai, per nessuna ragione, il corpo di un’altra donna. Neanche se va a Sanremo. Neanche se secondo il tuo personalissimo giudizio non è in salute. Non. Commentare. Mai. Un. Corpo. E già che ci sei, parti dal non giudicare male il tuo, di fisico.

Vuoi fare qualcosa? Vai al cinema da sola o prenota per una al ristorante. Vai da sola. Viaggia da sola.

Nota quando dici le parole scusa, disturbo, nel mio piccolo, pazienza. Nota a chi e quando dici queste parole. Nota quanto spesso le dici.

Vota. Sempre. A livello nazionale fino a quello locale e di quartiere. Dalla Sindaca/o alla/al rappresentante di classe.

Scegli. Anche al supermercato, anche la marca del sugo di pomodoro.

Non accettare subito un “no” (a meno che si tratti di rapporti con altre persone, situazioni nelle quali vanno rispettati e basta). Se puoi, trova altre strade. Trova altri modi per arrivarci.

Partecipa alle riunioni di condominio. Polemizza in modo costruttivo.

Al lavoro, presentati senza blocco note o penna e rifiutati di prendere gli appunti per tutte/i. Siediti davanti, al tavolo.

A meno che la situazione non lo richieda espressamente, usa un tono di voce alto. Alza la mano. Alzati in piedi.

Conta i soldi. Parla di soldi. Soprattutto alle tue figlie/i. Investi in banca e insegna alle tue figlie/i ad investire i primi stipendi.

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Anche i grandi brand beauty scoprono lo zerowaste

Era solo questione di tempo: i grandi marchi internazionali del settore beauty hanno compreso le potenzialità dello zerowaste (anche se – come sapete – preferisco definirlo lesswaste).

Il che significa due cose per noi.

Uno: buone notizie per il nostro stile di vita. Finalmente abbiamo un accesso un po’ più semplice e diretto a prodotti come shampoo solidi o saponi viso plastic-free.

Un accesso che possibilmente non preveda chilometri (magari in bicicletta) per raggiungere un negozietto piccino picciò lontano 27 km, portandoti nello zaino contenitori in vetro per prodotti alla spina che nel tragitto di ritorno si ribalteranno, rovesciando il prezioso contenuto – neanche troppo economico, diciamocelo – ovunque, bici e maglietta comprese.

Non me ne vogliano i negozi piccoli, che amo da sempre, ma se vogliamo davvero diffondere stili di vita diversi dobbiamo facilitare le scelte. Renderle comode, a portata di mano. Letteralmente.

Due: buone notizie per il nostro portafogli. Grazie all’aumento delle opzioni di scelta, anche chi ha budget controllati può investire in prodotti di uso quotidiano che contengono meno imballaggi in plastica. E a questo proposito.

Ho provato due prodotti delle brutte e sporche multinazionali. Che neanche mi pagano per parlarvene, blogger sfigata.

  • Detergente Viso Solido Nivea Naturally Clean. Imballata nella sola carta, la saponetta è disponibile in versione Olio di Mandorla e Mirtillo, Estratto di Rosa e Vitamina E, Carbone Attivo. Se siete vegan, va bene anche per voi. Non mi chiedete INCI: le mie competenze in materia di chimica non mi rendono abbastanza autorevole da fornire opinioni. Al netto dei soliti aggettivi-glitter “Illuminante” e “Rinfrescante” (se uso l’acqua calda per lavarmi la faccia, mi rinfrescherà ancora?) lo trovo un buon prodotto. Ho la pelle del viso mista a tendenza grassa, e fa il suo lavoro. Lo trovate nei supermercati, su Amazon, da Tigotà: io l’ho comprato al Carrefour ed era anche in offerta. Son sempre soddisfazioni.
  • Garnier Ultra Dolce Shampoo Solido. Anche questo shampoo lo trovate nei supermercati o su Amazon. E anche lui pattina sorridente sul tappeto di supercazzole tipiche del marketing beauty: “Idratante”, “Ricostituente” (come lo sciroppo al propoli che ti dava la nonna alle elementari per prevenire il raffreddore, ma spalmato sui capelli. cose che voi umani!). Ho i capelli spessi e crespi, quindi ho deciso di usare la versione al Cocco e Aloe: ha un buon profumo e fa il suo lavoro.

In chiusura, vi segnalo una cosa importante: fate attenzione agli imballaggi farlocchi. Alcune marche propongono prodotti solidi imballati in carta solo all’esterno: una volta aperti, vi ritroverete – ad esempio – pellicole in plastica. Leggete molto bene le recensioni o toccate i prodotti con mano prima dell’acquisto.

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Guardaroba zerowaste con Untraditional Style Coach Torino: cos’è la body shape

Oggi parliamo di body shape.
Pera, Mela, Rettangolo, Ovale e Clessidra sono le tipologie fisiche che ho studiato durante la mia formazione di consulente di immagine. L’errata convinzione che la nostra taglia e il nostro peso possano influenzare il nostro stile e il guardaroba è invece ciò che ho constatato (purtroppo) in anni di consulenze.

body shape torino consulente immagine

La nostra forma non ha nulla a che vedere con la nostra taglia, e mi auguro che questo post possa definitivamente chiarire le idee o, perché no, farle cambiare!

Dimentichiamo bilance, taglie e peso e cominciamo a consapevolizzare la prima parola magica: baricentro.

Guardiamo insieme questa foto.

body shape torino consulente immagine

Baricentro alto: busto più corto confronto alle gambe.
Baricentro centrato: busto e gambe proporzionate.
Baricentro basso: busto più lungo rispetto alle gambe.

Sono tutte alte uguali, ma ad ognuna il suo baricentro.

Otticamente noteremo come la bambolina con il costume rosso sembrerà più bassa, ma in realtà è alta come le altre. Il peso non c’entra nulla. È questione di proporzioni: ed ecco svelata la seconda parola magica.

Vedremo ora come alcune body shape presentino una parte del corpo preponderante, ovvero dove di solito si accumula il peso (Pera e Mela spesso hanno una taglia di differenza tra quella di reggiseno e quella degli slip), mentre altre saranno più omogenee e a distinguerle sarà il loro punto vita più o meno segnato (Clessidra, Rettangolo e Ovale).

Avete voglia di scoprire la vostra body shape?
Provate a rispondere a queste domande.

body shape torino consulente immagine

Fatto? Ora entriamo nel dettaglio!

BODY SHAPE MELA
Alla domanda: “Se prendi peso dove accumuli i chili?” lei risponderà “Sopra!” toccando il torace. Spesso la taglia del reggiseno è maggiore di quella degli slip. Se prende peso i chili si localizzano su addome, seno, braccia e parte alta della schiena. La cassa toracica predomina. Il punto vita è poco definito e di profilo il sedere è poco pronunciato. Le gambe magre e ben definite sono il suo punto di forza.

BODY SHAPE PERA
Alla domanda: “Se prendi peso dove accumuli i chili?” Lei risponderà “Sotto!” toccandosi i fianchi. Nella maggior parte dei casi la taglia dei pantaloni è più grande rispetto alla maglieria. Se prende peso i chili si localizzano su gambe e glutei. Infatti anche nelle silhouette più sottili, i fianchi risultano tipicamente ad anfora mentre la parte superiore è ossuta. La taglia di reggiseno è minuta. Di profilo predomina il gluteo confronto alla cassa toracica. La vita stretta e l’addome tendenzialmente piatto sono i suoi punti di forza.

BODY SHAPE CLESSIDRA
Alla domanda: “Se prendi peso dove accumuli i chili?” lei non risponde. Ci pensa. Perché la Clessidra tende a prendere o perdere peso in modo uniforme. Seno e fianchi sono ben proporzionati, il tutto definito da un punto vita sottile e ben segnato. Queste proporzioni valgono sia per i corpi più esili sia per le curvy. Di profilo seno e sedere, tipicamente arrotondati, disegneranno una “S”.

BODY SHAPE OVALE
Sia la parte superiore che la parte inferiore sono equilibrate. Il peso è distribuito in modo omogeneo e non localizzato su un solo punto. La silhouette è tipicamente morbida, con braccia tornite. In questo caso il punto vita non è definito. Drappeggi e linee trasversali aiuteranno ad allungare la figura.

BODY SHAPE RETTANGOLO
Anche in questo caso la parte superiore e la parte inferiore del corpo sono equilibrate. Si tratta di una figura androgina con poche curve, che può presentarsi con una struttura più muscolosa o più ossuta. Il bacino è stretto e il seno è minuto. Di profilo sedere e seno saranno poco pronunciati. Tipicamente il punto vita è poco definito.

Sei riuscita a scoprire la tua Body Shape?

Spero di sì!
Non perderti il post di settimana prossima: vedremo outfit e capsules specifiche per ogni body shape.

Il vento soffia forte? E tu impara a volare!

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Review: sono diventata una Donna di Torino

Saranno le ferie, sarà il Sole – quello decente – fatto sta che sono felice di mostrare un pochino di più la vera me sui social. E mi piace farlo con una fotografa che, oltre ad avermi resa molto più professional di quanto io sia in realtà, è stata una bella scoperta come donna e come torinese.

Barbara Oggero è una donna di Torino, una fotografa dal 2010 e una persona interessante probabilmente da sempre. Come tutte le persone che hanno qualcosa da dire ha scelto il suo linguaggio fatto di scatti, l’ha mescolato alla sua identità sabauda (per scelta) ed ecco nascere Donne di Torino.

Con Torino ho un rapporto di amore e odio: negli anni ’80 ero ragazzina e non succedeva un tubo, poi dai ’90 c’è stata un’escalation in positivo. Me ne sono andata, sono tornata, sono rimasta. Oggi viaggio spesso ma sono sempre felice di tornare a casa.

Più di uno Humans of Torino e più di una semplice vetrina, Donne di Torino mette in luce le donne del territorio con le loro storie, la loro vita, e – perché no – anche le loro imprese attraverso il nuovo progetto paid. L’idea nasce da Rete al Femminile e si evolve in poco tempo fino a diventare un piccolo angolo di celebrazione di sé stesse e dei risultati raggiunti, qualsiasi essi siano. Un cerchio femminile, plurale e virtuale.

Ecco lo scatto di Barbara alla sottoscritta. L’hashtag è #donneditorino. No, non ero truccata. Sì, ero molto stanca. Ma chi se ne importa.

Less waste: 10 facili strategie e indirizzi utili a Torino

Attenzione, sto per dire una cosa forte. A dispetto di ciò che il titolo potrebbe far credere, io non credo nello zero waste (stile di vita a zero sprechi).

Detesto ogni estremismo, quello che parte da un doveroso senso di responsabilità e tracima fino a farci salire su piedistalli fatti di una superiorità inesistente. Non amo controllare ossessivamente ogni dettaglio della mia vita quotidiana per poi sentirmi in colpa se non ho seguito il dogma. Non voglio trovarmi a rifiutare un regalo della nonna 95enne perché non conforme alle regole imposte. Il fai-da-te non fa-per-me. Non sono disposta a rinunciare alle conquiste fatte da e per le donne in decenni di femminismo (non essere più costrette a lavare quintali di assorbenti e pannolini, non dover necessariamente allattare al seno, avere dalla propria parte omogeneizzati pronti per bambini e anziani, avere a disposizione preservativi in plastica usa e getta per decidere della nostra sessualità in sicurezza – tra le tante).

Detto questo, qualcosa di importante può essere fatto. Se poi è anche facile e non costa un occhio, è l’ideale! 😉

  • Dalla plastica al vetro: yogurt, latte, succhi di frutta sono prodotti con molte alternative di packaging less waste, specie se avete bambini/e.
  • Mestruazioni: i tamponi ed assorbenti sono da sempre tra i prodotti meno ecologici in assoluto. Se avete confidenza con il vostro corpo potete optare per la coppetta mestruale, altrimenti sceglierete gli assorbenti esterni e i salvaslip compostabili.
  • Pannolini: al supermercato si trovano diversi brand di compostabili.
  • Carta casa, carta igienica, fazzoletti: l’azienda italiana Lucart ha nella sua linea questi prodotti, tutti ricavati da carta riciclata.
  • Prodotti di bellezza: Lush ma che vvelo dico a ffà. Dallo shampoo solido al balsamo, dalle creme alle maschere viso. Ma anche il Negozio Leggero.
  • Spazzolini e dentifrici: il mio dentista mi ha sconsigliato del tutto il bicarbonato puro, così ho scelto i prodotti di Lamazuna (costano parecchio però), mentre su Amazon si trovano comodamente disponibili tanti marchi di spazzolini in bambù.
  • Abbigliamento: chi dice che sprecare meno significa diventare minimali o tristi? Nei negozi Humana potete sbizzarrirvi, trovando capi originali e alla moda senza dissanguarvi. In più, Humana Vintage in Via Pietro Micca è un autentico gioiello incastonato in un palazzo d’epoca: da scoprire.
  • Giocattoli e abbigliamento bambini: crescono in fretta e strapazzano i vestiti al nido o all’asilo, ma è possibile arginare i costi e sprecare meno acquistando in uno dei molti negozi dell’usato. Personalmente per giocattoli, cucine e casette da giardino trovo molto utile anche Subito.it.
  • Pasta, pastina, cioccolato e biscotti: Negozio Leggero, mia figlia va matta per i loro biscottoni al cocco.
  • Detersivi: hanno purtroppo eliminato la spina nel mio supermercato, così ho scelto il Negozio Leggero. Se proprio non ho tempo per andarci cerco quanto meno di tenermi lontana dal packaging in plastica, preferendo alternative in polvere e in confezioni di cartone. Ho intenzione di provare anche i prodotti alla spina degli Empori Acmos.

E tu, quali strategie usi per ridurre gli sprechi e contenere i costi? Aspetto i tuoi suggerimenti! 🙂

Leggere spendendo poco (legalmente): 6 modi

pexels-photo-459791Sto parlando di passione per la lettura, quella che ti fa stare sveglio per una notte intera rincorrendo il finale di quel romanzo che ti ha calamitato il cervello. E sto parlando anche del portafogli, quello che piange dopo averti visto “capitare per caso” in libreria in un anonimo giovedì pomeriggio.

Questi sono i miei stratagemmi furbi per risparmiare senza perdere neanche una pagina.

Amazon: sapevate che spesso questo portale mette a disposizione ebook a meno di 1 €, se non addirittura free? Ecco il link QUI. Potete trovare la stessa modalità su altri portali, come Mondadori, IBS o Feltrinelli. Per chi usa il Kindle o il Kobo

Acciobooks: scambiate low cost o gratuitamente libri nuovi o usati, pagando il costo ridotto del Piego di Libri per la spedizione. Alla mera compravendita si aggiunge in questo caso l’elemento umano: tempo fa ho postato su Instagram uno scambio che mi sta a cuore, eccolo QUI. Per chi non rinuncia alla carta stampata

Biblioteche Civiche Torinesi: ce ne sono molte, in tutti i quartieri di Torino, e spesso ospitano incontri con gli scrittori. Per chi ama gironzolare in città

Archive: testi della letteratura tradizionale, ormai liberi da diritti. Per chi ama i classici

Progetto Gutenberg: altri classici, anche in lingua stranieraPer chi vuole mettersi alla prova con inglese, francese e molto altro

LiberLiber: libri low cost ma anche gratis. Per chi vuole contribuire ad un bel progetto

Buoni propositi: 9 libri che vale la pena leggere nel 2016

La domanda Quanti libri hai letto quest’anno? è un po’ come Cosa farai a Capodanno? chiesto il 2 di Settembre: sgradita al limite del chissenefrega.
Comunque, se siete indecisi per il 2016, ecco qualche personalissimo consiglio: siete liberi di integrare o cassare, fatemi sapere quali libri vi sono piaciuti 😉

Narrativa

Vita di Pi di Yann Martel – C’è questo libro indiano ma così indiano che ti accoglie in un mondo fatto di mille colori e profumi, poi ti scaraventa in un concetto di religione (e di pensiero e di vita)  illuminante e alla fine ti trascina in alto mare, nel dolore più profondo che diventa lotta per la sopravvivenza. Bellissimo.

Viaggi

My Little China Girl di Giuseppe Culicchia – Non è troppo lungo e per di più risulta godibilissimo, grazie alla scelta dell’autore di mescolare registri differenti, stili, scene divertenti. Consigliato soprattutto se per voi la Cina fa solo rima con Made in.

Autostop con Buddha di Will Ferguson – Lo leggi e riesci a immaginarti senza neanche uno sforzo quest’occidentale grande e grosso che vaga in autostop per il Giappone, preda di tragicomiche disavventure. Molto bello, uno dei miei preferiti del 2015.

Giallo

A che ora muori? di Simone Carabba – C’è Genova, che non è la mia città preferita e c’è il giallo, che non è il mio genere preferito: nonostante questo il libro mi ha coinvolta. Per questo, consigliato.

Attualità

È questo l’islam che fa paura di Tahar Ben Jelloun – Un libro utilissimo e illuminante, per capire, ad esempio, come mai la Francia laica e multiculturale abbia subito due attentati e sia tutt’ora a rischio. Arricchito di argomenti completi, orizzonte internazionale e onestà.

Tecnologia

Cypherpunks di Julian Assange, Jacob Appelbaum, Andy Müller-Maguhn, Jérémie Zimmermann – Quattro personalità di spicco del mondo tech e hacker si sono ritrovati a discutere di Internet, sorveglianza di massa, libertà e valori della Rete.

Nei mesi scorsi ho recensito nel dettaglio anche Educazione Siberiana di Nicolai Lilin e Cuba Libre di Yoani Sanchéz: potete leggere i rispettivi post qui e qui. Chi invece si occupa di scrittura, arte e creatività può leggere questo post qui.