Un ricordo

Nonno, perché guardi i film di guerra se l’hai vissuta? Non ti fa pena?
Cocca, sei piccola per queste cose. A cosa vuoi che ti serva saperlo?
Nonno ho 13 anni non sono piccola cavolo. Io ce la faccio, sono forte!
Cita, quello che tu vuoi sapere è difficile da raccontare a parole. Ma tu sei una testa dura eh, puceti. Nonno prova a spiegarti, se ci riesce.

Quando guardo i film di guerra vedo una cosa realistica, non vera. C’è grande differenza.
Vedi, nei film c’è il coraggio, l’eroe. Lascia la sua terra natale per approdare in territorio nemico eppure tutto è organizzato, studiato. Ognuno ha le sue belle magliette di colori diversi, come nel calcio. Io di qua e tu di là. Certe volte si vede sangue finto, certe altre no, eppure è facile, chiaro, hanno le mappe, le strategie.
Ma quella è solo una parte della realtà, cocca.

Quando sono partito ero giovane, ero un ragazzo. Cosa avrei dovuto temere? Nulla.
Avrei dimostrato a me stesso e a tutti che potevo, avrei fatto la mia parte per mettere fine all’inferno che stavamo vivendo.
Sarebbe stato brutto, certo. Avrei sofferto ma sarei stato forte. Io non avevo mai davvero temuto nulla.
Mi insegnarono a sparare, ed ero piuttosto bravo. Io e gli altri ragazzi sapevamo, noi sapevamo che si poteva anche morire. Eravamo consci dei saluti che potevano essere gli ultimi.
Che masnaiun, che bambinoni incoscienti eravamo.

Poi cominciò il nostro calvario. Le nostre certezze iniziarono a vacillare.
Capimmo che la guerra non era questione di vincere o perdere. Che una guerra non si combatteva con particolare onore, o ad armi pari.
Di pattuglia, vedevo cadaveri a testa in giù in terra. Uomini impiccare altri uomini e costringere gli abitanti dei paesi a guardare, perché fosse da monito.
Era così, sapevi che eri in guerra. A casa la tua famiglia contava su di te.
Però qualcosa nella tua testa ti diceva che stavi cambiando, e non in meglio.

Con il passare dei mesi, degli anni, la morte si accumulava tutto intorno e tu non ricordavi la voce di tua mamma o delle tue sorelle, la faccia di tuo papà.
Certi cadaveri li portavamo a spalle, certi altri abbiamo dovuto lasciarli lì. Certi i ricordi di casa li hanno venduti, pur di mangiare qualcosa. Orologi, braccialetti.
Passavano gli anni e la gente continuava a morire. Ad un certo punto non ricordavamo neanche più come o quando, quindi scrivevamo i nomi dei morti per paura di dimenticarli quando fossimo tornati a casa.
E intanto dormivamo in mezzo all’acqua, intanto mangiavamo i gatti randagi.
Pian piano della tua testa, nel tuo cuore, si insinuava il dubbio.
Se lottiamo gli uni contro gli altri ma sono vestiti come me e hanno foto come le mie nel taschino della giubba allora chi è il nemico? E io perché criste sono finito qui? Non avevi una risposta, dovevi solo andare avanti.

Ho camminato così tanto durante la guerra. E visto tante cose brutte, cita.
Certe volte abbiamo tolto la vita a padri, figli, fratelli, fidanzati. Certe volte ho urlato e ho pensato di scappare via da tutto.
C’era un tale, Carlo. Tutti lo chiamavamo Carletto perché era alto ma molto magro. Beh eravamo tutti molto magri allora, ricordo che strappavo l’erba per mangiare le radici, quando non c’era niente altro. Comunque Carletto un giorno sparì. Pensavamo l’avessero preso, ma la pazzia aveva fatto più in fretta del nemico.
Nella tasca aveva una foto di sua mamma e suo papà.

Quando sono tornato a casa la nonna non mi ha riconosciuto. Poi ha pianto tanto.
Era bella e magra anche lei. Mi sembrò di vederla per la prima volta.
Mi dicevano Dovresti essere contento sei tornato a casa vivo e sano, ma io sapevo che la mia era stata fortuna.
Ricordati cocca, in guerra si è nella mani della fortuna. Tutto il resto conta meno.
Ci ho messo tanto a farmene una ragione, su questo.
Certe volte la notte dormivo male a causa degli incubi ma mia mamma e mio papà non lo dicevano ad alta voce per paura di imbarazzarmi.
Mangiavo di nuovo gli agnolotti, quelli buoni che si facevano una volta, ma qualcosa dentro di me si era inasprito per sempre.

Non potrebbero raccontarla, nei film, la verità.
Perché la guerra è al tempo stesso troppo spaventosa e troppo schizofrenica per poter essere divisa in scritti, atti e tempi.
Non potrebbero mai dire com’è davvero. La guerra è troppo perché l’anima che l’ha vista possa tornare a dormire sonni tranquilli.

Ci sono atrocità che gli uomini compiono l’uno contro l’altro, che ti lasciano l’animo lacerato.
Un contro è chiedere perdono a Dio per quanto si è commesso, ma diverso è riconciliarsi con sé stessi.
The Pacific – Episodio numero 1

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